7 aprile 2017: Basta smontare la nostra rete consolare!

3 de maio de 2017

Em português ao final

Se questa storia fosse raccontata il giorno precedente ai fatti si potrebbe scrivere che oggi, 6 di aprile, è tutto pronto: organizzazione eseguita, leader rappresentanti della comunità avvisati e convocati in un numero di oltre 150, testo redatto, striscioni stampati, orari e luoghi decisi, autorità avvisate, insomma, tutto pronto per una grande manifestazione contro le file presso i Consolati Italiani! E non solo che a Curitiba ma in tutto il Brasile e America Latina.

 

Risultato? Lo sapremo alla fine di questo 7 aprile. Ora c’è la manifestazione. Raccontiamo quindi come è andata e, per farlo, dobbiamo fare una piccola retrospettiva per capire un po’ meglio la nostra gente.

Da millenni, naturalmente, abbiamo sempre le stesse difficoltà che imperano nel mondo burocratico latino, quando parliamo di funzione pubblica e la sua missione di dare servizi all popolo.

 

E non siamo che nemmeno a parlare di sanità, sicurezza, trasporti, occupazione ma solo di aspetti legati a cittadinanza e diritti civili anagrafici per espatriati, dove sono in molti a chiedere assistenza e le risorse poche e, ogni anno, sempre minori, come anche il numero dei funzionari addetti a questi servizi, seppur in presenza di un aumento di risorse per via di nuove tasse fatte pagare ai cittadini stessi per tali servizi che però non tornano alla fonte che le ha generate; un esempio il tassare un diritto riconosciuto dalla Costituzione di 300,00 Euro, incondizionatamente, risultato di decisioni prese da questo governo con l’appoggio dei rappresentanti eletti anche qui.

 

Però prima dobbiamo capire cosa ci sia dietro il problema delle file della cittadinanza ed il numero di persone che vi si trovano: non potendo ricevere tutti coloro che si sono iscritti dall’inizio di questo secolo, con l’ausilio delle nuove forme comunicative, nei 740 giorni previsti dalla legge (un tempo il termine era di 90 giorni; poi, con l’aumento delle file, passò a 250 e, con una decisione del TAR – Tribunale Amministrativo Regionale di Roma, il governo passò ulteriormente il termine a 740) si era deciso, dal 1996 (a Curitiba) che, ritardare l’accettazione dei documenti evitava l’applicazione della legge e così, il problema era stato raggirato.

 

Da allora si iniziò, in tutto il Brasile, a enumerare e mettere in fila ogni famiglia e cittadino, con il risultato di 7, 10 o persino 15 anni di lista di attesa in certi consolati. E per i passaporti di coloro che la cittadinanza l’avevano già acquisita, la lotteria della prenotazione della data di ricevimento, dopo molto mesi, cosa che favorisce la presenza di intermediari senza scrupoli che vendono i loro servizi.

 

Per il latino fare la fila è normale, la passività è normale, la trasgressione è normale, l’inganno è normale, accettare condizioni sfavorevoli è normale, insomma l’anormale diventa normale. Così che, creata la difficoltà, qualcuno vende facilitazioni e così proliferano intermediari che, in particolare nella prenotazione del ricevimento per l’emissione del passaporto, usando le moderne risorse della tecnologia o qualche conoscenza specifica di come risolvere l’impasse, operano con decisione determinando che, il cittadino comune he con le proprie forze vorrebbe fare da solo, non lo riesca a fare nella maggior parte dei casi.

 

Siamo tutti a conoscenza di quel debito storico che l’Italia ha con tutte quelle famiglie che furono obbligate ad emigrare affinché l’altra metà potesse sopravvivere nei secoli scorsi. E questo spirito di “cercare” di espiare questo debito con il passato, il mantenimento di leggi parecchio “ampie”, la morosità della loro applicazione e la grande massa a cui vanno date risposte con un corpo diplomatico e funzionari che diminuisce costantemente, nella sua maggioranza “italiani” che persino si sorprendono di questa condizione di “brasiliani” che chiedono di essere riconosciuti come “italiani” al punto che certi – senza dubbi una minoranza perché, al contrario, nella loro maggior parte vanno persino oltre le loro mansioni – finiscono per manifestare ostilità al dover ricevere questo tipo di richieste, molte volte a loro strane, cosa che complica ancor di più la situazione, visto che poi ci sono tutte le altre questioni di competenza consolare.

 

Ma, dal punto di vista del cittadino che mantiene con grande amore questa storia di appartenenza con sua madre patria – parlandone o non parlandone affatto la lingua – è questa una forma di riscatto di questo sofferto passato dei loro cari, cosa determinata dalla legge, ossia non è nemmeno un favore e quindi non si comprende questo ostracismo burocratico; oltretutto di persone che qui vivono, che qui sono ben accolte e quindi non si capisce questa incomprensione, visto che molti finiscono persino di viverci, qui, perché loro conveniente. Questo è il motivo per cui quelli in fila non si vedono, non protestano: non capiscono, hanno addirittura paura. Una manifestante del 7 aprile ci ha confidato che stava tremando per essere lì…

 

Ma tornando ai fatti, nei giorni precedenti la manifestazione sono stati invitati i rappresentanti della nostra comunità: dei 7 Comites (Comitati degli Italiani all’Estero) esistenti in Brasile e i loro quasi 100 membri, meno di 10 si sono interessati alla manifestazione, seppur tutti ne fossero a conoscenza, direttamente o indirettamente, lasciando chiaro che questo primo livello di rappresentanza della comunità italiana è precario, disinformato e disinteressato a discutere un argomento così importante come l’attuale situazione della rete consolare, i tempi, i costi e il modo come la nostra comunità è ricevuta, cosa che, per legge, è un obbligo che deve essere rispettato da parte del Governo Italiano.

 

Certo, ognuno di questi rappresentanti sono legati, più o meno palesemente, a qualche partito o correne politica e, quindi, non se ne interessano se la protesta parte da una fazione o gruppo politico opposto.

 

Ad un livello intermediario e superiore, ossia leader locali e regionali di enti o associazioni, presidenti di Comites, membri del CGIE ed anche rappresentanti parlamentari eletti, vale la stessa regola, gli impegni partitari, l’”autosufficienza” nel produrre nulla a favore della collettività o persino l’inerzia assoluta verso qualunque tipo di argomento. Questa è la frustrazione che sento analizzando le strade ed i destini della politica per gli italiani residenti in Brasile, dei problemi che abbiamo e le difficoltà per superarli, in fondo, ne esiste una spiegazione. Ed è anche legata al poco interesse di coloro che si trovano in fila, per i quali ci facciamo in quattro e dedichiamo la maggior parte delle nostre energie, tempo e considerazione.

 

Di tutto ciò possiamo solo rammaricarci che, nelle manifestazioni, nelle tavole rotonde, sui social network, nei momenti che contano, loro non si presentano, così come è accaduto il 7 aprile, benché un grande gruppo di centinaia di italo-brasiliani abbia avuto il coraggio di scendere in strada e “correre il rischio”. Una sfida per noi e per loro per i prossimi capitoli di questa avventura chiamata cittadinanza italiana in Brasile ed una massa di quasi mezzo milione da far uscire da questa fila. Noi comunque continuiamo ad esserci! E tu?

 

 

 

 

7 de abril de 2017: chega de desmontar a nossa rede consular!


Fosse uma história a ser contada um dia antes dos acontecimentos, escreveria que hoje, dia 06/04, está tudo pronto: nossa decisão de coordenação tomada, quem interessa, ou seja, os líderes da comunidade, representados por mais de 150 cidadãos italo-brasileiros locais convocados, documento escrito, faixas impressas, horários combinados, local definido, autoridades avisadas, todos os demais coordenadores na mesma sintonia; enfim, tudo pronto para a grande manifestação contra as filas nos Consulados Italianos! E não somente aqui em Curitiba, mas em todo o Brasil e na América Latina.

 

E o resultado? Bem, este somente ao final do dia 07/04. Agora a manifestação vai acontecer. Então, contamos como foi e, para isso, temos que fazer um pequeno retrospecto para entender nossa gente.

Temos, por natureza e por milênios, as mesmas mazelas que imperam no mundo burocrático e cartorial latino, quando se trata do poder público e sua função de atender as necessidades do povo.

 

E nem estamos falando de saúde, segurança, transporte, emprego, mas de questões apenas ligadas à cidadania e direitos civis de registro para expatriados, onde se tem que atender muitos, os recursos são poucos e, a cada ano, os vemos reduzidos, bem como em número de funcionários, mesmo com a cada vez maior entrada de recursos cobrados do cidadão para o caixa geral do governo e que não volta a quem os produz, devido às decisões inconsequentes de taxar com Eu$ 300,00 um direito constitucional, sem nenhuma condição, coisa da política do atual governo e seus representantes eleitos por aqui.

 

Antes, porém, temos que entender melhor o que está por trás do problema da fila e o número de pessoas que lá estão: não tendo condições de atender todos que passaram a se inscrever a partir do início deste século, auge das facilidades de comunicação, nos 740 dias previstos em lei (uma vez, o prazo era de 90 dias; depois, com o aumento das filas, passou para 250 e, com as decisões do TAR - Tribunal Administrativo de Roma, o governo mudou para 740), decidiu-se, a partir de 1996 (em Curitiba) que, adiar o recebimento dos documentos evita a aplicação da lei, e assim, o problema ficou contornado. Desde então, passou-se - e em todo o Brasil - a numerar e colocar na vez cada família e cidadão, o que resulta em 7, 10 ou até 15 anos de espera em alguns consulados. E, no caso dos passaportes para aqueles que já possuem a cidadania reconhecida, a loteria da marcação da data de atendimento, para vários meses depois, o que permite a intervenção dos despachantes que se aproveitam para vender seus serviços.

 

Naturalmente, o latino, de modo geral, está bem acostumado às filas, à passividade, aos desmandos, ao jeitinho, ao ter que se submeter a condições desfavoráveis, o que é quase uma "normalidade"na maioria dos casos. Daí que, criada a dificuldade, alguém vende a facilidade e ,assim, proliferam os despachantes que, especialmente na questão do agendamento de turno para o passaporte, usando dos modernos recursos da tecnologia ou de algum conhecimento específico de como resolver os impasses, passam a atuar fortemente e determinando que, aquele cidadão comum que pretende fazer por conta própria os trâmites, não tenha condição de fazê-lo na grande maioria dos casos.

 

Todos sabemos da dívida histórica da Itália para com aquelas famílias que foram obrigadas a emigrar para que a outra metade pudesse sobreviver em séculos passados. E este espírito de "tentar"reparar estas dívidas do passado, a manutenção da lei que é bastante abrangente, esta morosidade toda para sua aplicação e a grande massa que precisa ser atendida, com um corpo diplomático e funcionários cada vez mais reduzido, estes, em boa parte "italianos" que acabam por estranhar esta condição de "brasileiros"querendo ser reconhecidos como "italianos", alguns - minoria,é bem verdade, porque a maioria produz mais do que poderia em circunstâncias normais e fazem até funções de outros setores - acabam por demonstrar até hostilidades por ter que atender esta grande demanda, muitas vezes estranha para eles, o que acaba por complicar ainda mais a situação, porque as demais atividades próprias do consulado tem que seguir.

 

Porém, do ponto de vista do cidadão que guarda com muito zelo esta história de pertencimento à sua pátria mãe - falando bem, razoavelmente ou mesmo não falando italiano - esta é uma forma de resgatar este passado sofrido dos entes queridos, que a lei determina e não é nenhum favor, e este mesmo candidato à cidadania não entende esta postura, já que estas mesmas pessoas, estão aqui, vivem aqui, são sempre bem acolhidas e não se tem explicação para esta quase incompreensão, muito embora a sua grande maioria passem a viver aqui permanentemente, porque lhes é conveniente em muitos aspectos. Isto pode explicar porque os enfileirados praticamente não aparecem, não protestam: eles não entendem, tem até medo. Uma  manifestante do dia 07/04 nos confidenciou que estava tremendo por estar ali...

 

Mas, voltando aos fatos, nos dias que antecederam a manifestação, foram convidados os representantes da nossa comunidade: entre os 7 Comites (Comitati degle Italiani all'Estero) existentes no Brasil e os seus quase 100 membros, menos de 10 se interessaram pela manifestação, muito embora quase todos tenham tomado conhecimento, por meios diretos ou indiretos, ficando claro que este primeiro nível de representatividade da comunidade italiana é precária, desconexa e sequer demonstra interesse em discutir um assunto tão relevante, como é a situação atual da rede consular, os tempos, custos e forma de atendimento às demandas da nossa comunidade para aquilo que é, legalmente, a obrigação a ser satisfeita pelo Governo Italiano.

 

Claro que a maioria destes representantes estão ligados, com mais ou menos força, a algum partido ou tendência política e, naturalmente, não movem uma palha quando uma iniciativa vem de outra força ou grupo.

 

No nível intermediário e superior, ou seja, lideranças locais e regionais de entes ou associações, pres. dos Comites, membros do CGIE e, bem como os parlamentares eleitos, o mesmo percentual - ou muito menos ainda - se aplica, pois têm os compromissos com o partido do governo, a "auto suficiência" no nada produzir para a comunidade ou, mesmo, a inércia absoluta em qualquer que seja o assunto. Esta frustração que experimento ao analisar os caminhos e destinos da política para os italianos residentes no Brasil, dos problemas que temos e a dificuldade para superá-los, no fundo e no início, tem explicação. E está ligada ao pouco interesse dos próprios enfileirados, para quem quebramos lanças e dedicamos boa parte da nossa energia, tempo e consideração.

 

Por tudo isso, só podemos lamentar que, nas manifestações, nas rodas de discussão, nos momentos cruciais, enfim, quando mais precisamos, eles não se apresentam, como aconteceu no último dia 07 de abril, muito embora um grande grupo de centenas de italo-brasileiros tenha tido a coragem de ir às ruas, o que nos trouxe a satisfação de ter tido a coragem de correr riscos. Um desafio para nós e para eles nos próximos capítulos desta aventura chamada cidadania italiana no Brasil e uma massa de quase meio milhão deles que temos a obrigação de desenfileirar. Nós estaremos na linha de frente! E você?

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